Non so chi di voi ha mai fatto caso all'Italia. Quante differenze, da regione a regione ma anche da paese a paese, da casa a casa. Un tesserino azzurro mi rivela italiano, ma questa vera nazione non l'ho mai vista, alla fin fine credo che non molte siano le differenze da duecent'anni a questa parte, da quando i nostri coraggiosi Garibaldi, Mazzini e Cavour ci hanno faticosamente uniti in questa bizzarro stivale tortuoso. Non esiste una forma omogenea nazionale, saremo sempre il paese delle mille sfumature.
Non parliamo poi di culture e tradizioni, che bagaglio ragazzi, quante meraviglie ma anche quante lacune. Ma parliamo di montagna forza, da quanto le terre dell'arco alpino occidentale hanno smesso di essere depravate della meraviglia con cittadine orribili??
Ora s'inizia a sciare (se l'iddio decide di mandar giù un po di neve), posti come Sestriere, Cervinia, Des Alpes e Monginevro sono tappe doverose allo scopo. Dimentichiamoci del gioco, ricordiamoci del posto, credo vi balzi in mente come si presentano i "campi base degli impianti, no? Non rammento località sciistica dall'architettura cementata, qualcuno dice essere alberghi o chissà che.... sicuramente porcate, ammettiamolo su. Ecco la nostra montagna cosa diventa, una buffonata a stile libero.
Fortunatamente non è sempre così, non proprio ovunque, ci son lande ove l'intelligenza ha mantenuto un paesaggio inviolato, dove la natura non è stata schiacciata dagli insediamenti turistici, dove la discrezione ha dimostrato che forse non sono i soldi a rendere l'uomo necessariamente ignorante a tutto ciò che apparentemente non lo riguardi.
Qualcuno forse avrà inteso un riferimento agli altoatesini, un grande esempio davvero, una regione che geograficamente appartiene all'Italia da ormai diversi anni ma, in tutto e per tutto caratterizzatada mentalità poco stivalesche e molto Österreich.
Questo morboso discorso volge ad una critica precisa, l'incapacità caratterizza gran parte dei comuni italiani a non saper valutare e proteggere il proprio territorio è un dramma. Andiamo ora in Piemonte, il mio Piemonte. Paesaggisticamente forse, la più bella regione: sempre diversa, mai piatta, ovunque ci si inebria dal dolce frastuono di fiumi e affluenti del vanitoso Po che ancora sgorga pomposo dalle viscere di una delle più splendide e regali punte dell'arco prealpino, il Monviso, e che poi traversa spensierato Torino, la prima capitale, città romantica e circondata da un paesaggio montuoso unico al mondo.
Non parliamo poi di Storia che diamine, non c'è fonte o libro che vada a mentire su momenti di rilievo incredibili come appunto l'era risorgimentale, i passaggi dei franchi con Carlo Magno, di Annibale, i segni di civiltà romana, ma andiamo ancora indietro e troveremo degli insediamenti delle popolazione celtiche e così via. Ovunque si trova tradizioni e valori di grande importanza.
Un mare di averi che, fatta qualche rara eccezione (le gratificanti rivalutazioni delle langhe e monferrato) son dominati da entità locali sempre più babbee, persistenti a far conoscere alle scolaresche le viscere della FIAT piuttosto che la Sagra di San Michele. Ma fosse questo il problema. Cittadine della fama di Susa ridotte in gran parte ad un cumulo di palazzine grigie e nere che portano il malcapitato a temere l'incontro con un malavitoso del Bronks, altro che purezza montana.
Eppure, già da quelle cittadine, basta alzarsi un poco di quota sulle strade e comodamente seduti sulla poltrona dell'automobile, traversare splendidi colli ed altopiani, raggiungere finalmente la confinante Francia e trovare l'agognato paesaggio ideale. Dico paesaggio e nient'altro, perchè parte rara eccezione quelle lande non hanno bagagli storici e culturali pari al nostro, ma poco conta, poichè quel "poco" (se così vogliamo chiamarlo), basta e avanza a chi vanta l'intelligenza nel dar al luogo il giusto resoconto.
Chi non conosce chissà cosa va pensando, quali formidabili prodezze di marchio francese vado mezionare? Pulizia, ordine, rispetto, educazione alla comprensione del territorio. Basta.
Son concetti molto semplici, che però a distanza di pochi chilometri sembrano fantascentifici. Tale diversità si riconosce non solo a prima vista, dalle persone che incroci per le strade, nei rari locali e soprattutto quelle che s'incontrano in montagna. Perchè fateci caso, ad esempio, quanti giovani italiani si danno oggi all'alpinismo, o più semplicemente scarpinano, campeggiano su terreni di quel tipo? Vi rispondo, molto pochi, non v'è che scarso interesse, meglio una spiaggia affollata o quanto esiste di peggio, una chiassosa discoteca. In Francia se ne vedono parecchi, sempre allegri, azzarderei dire anche appassionati, quasi sempre educati e mai sboccati, gliele riconosco tutte accidenti.
Rammento con piacere quella volta che tornando da una lunga sfacchinata fra punte e creste delle "marittime" che fan da confine la Valle di Stura con quella dell'Ubaye, incontrai al bordo del sentiero su un grosso prato, un vero e proprio concertino di strada (meglio di monte) allestito alla bene in meglio da alcuni giovani musicisti, appunto francesi. Che grande gioia davvero, ad un italiano non credo sarebbe mai balzato in mente... ma forse pecco di prevenzione.
Ora magari alcuni andranno pensando io sia una sorta di patriota inverso, un paladino napoleonico, qualcuno vorrà legnarmi sulla zucca dicendo "non ti va bene quì? Vai in Francia allora, levati per bene dai coglioni!"
In realtà molti sono i difetti che riconosco ai nostri cugini gallici, spesso e volentieri riscontro in loro alcune rare e irrefrenabili antipatie. Nulla si può dire però sui loro pregi, appunto uno (e forse unico) quello di saper valutare il territorio, amarlo e rispettarlo. NOI NO.
Fra i "padroni" delle Alpi, la popolazione sicuramente più indegna è quella italiana, in particolare i piemontesi. Vorrei tanto essere disdetto un giorno.
In conclusione, stando quantomeno in argomento terrei dare alcune segnalazioni sulla letteratura alpinistica. Menziono quella che ritengo impropriamente la "saga franca", dei tre autori che han dimostrato essere la "crem de la crem" di quegli anni. Uno è il già ampliamente emancipato "les conquistadors de l'inutiles" di Lionel Terray. Il secondo un alpinista di cui ben poco ci si ricorda ma che tanto ha dato a questa disciplina; parlo di René Desmeison con i suoi due rispettivi "Montagne à mains nues" (La montagna a mani nude) e "342 ore su le Grand Jorasses" (non oso menzionare correttamente il titolo originale), Il primo raccolta di scalate epocali, il secondo una singola recensione della drammatica disavventura su una delle montagne più bramate e sofferte di sempre. Infine non poteva mancare il grande Gaston Rebuffàt, con il suo postumo "La montagne est mon monde", una splendida raccolta biografica, testi e recensioni alpinistiche, narrate passionatamente in prima persona e raccolte dalla sua compagna e moglie Françoise Rebuffat.
Mi permetto inoltre segnalare un film-documentario che ho avuto la fortuna di recapitare, firmato sempre Gaston Rebuffat, "Etoiles et Tempêtes" è il primo di quattro film inerenti e vicintore della 4a Edizione Trentino Filmfestival.
Finisco davvero ora, lasciandovi però un assaggio del film che conto risvegli anche ai più abietti ricordi di altri tempi e magari un sapore umile e antico.
Non parliamo poi di culture e tradizioni, che bagaglio ragazzi, quante meraviglie ma anche quante lacune. Ma parliamo di montagna forza, da quanto le terre dell'arco alpino occidentale hanno smesso di essere depravate della meraviglia con cittadine orribili??
Ora s'inizia a sciare (se l'iddio decide di mandar giù un po di neve), posti come Sestriere, Cervinia, Des Alpes e Monginevro sono tappe doverose allo scopo. Dimentichiamoci del gioco, ricordiamoci del posto, credo vi balzi in mente come si presentano i "campi base degli impianti, no? Non rammento località sciistica dall'architettura cementata, qualcuno dice essere alberghi o chissà che.... sicuramente porcate, ammettiamolo su. Ecco la nostra montagna cosa diventa, una buffonata a stile libero.
Fortunatamente non è sempre così, non proprio ovunque, ci son lande ove l'intelligenza ha mantenuto un paesaggio inviolato, dove la natura non è stata schiacciata dagli insediamenti turistici, dove la discrezione ha dimostrato che forse non sono i soldi a rendere l'uomo necessariamente ignorante a tutto ciò che apparentemente non lo riguardi.
Qualcuno forse avrà inteso un riferimento agli altoatesini, un grande esempio davvero, una regione che geograficamente appartiene all'Italia da ormai diversi anni ma, in tutto e per tutto caratterizzatada mentalità poco stivalesche e molto Österreich.
Questo morboso discorso volge ad una critica precisa, l'incapacità caratterizza gran parte dei comuni italiani a non saper valutare e proteggere il proprio territorio è un dramma. Andiamo ora in Piemonte, il mio Piemonte. Paesaggisticamente forse, la più bella regione: sempre diversa, mai piatta, ovunque ci si inebria dal dolce frastuono di fiumi e affluenti del vanitoso Po che ancora sgorga pomposo dalle viscere di una delle più splendide e regali punte dell'arco prealpino, il Monviso, e che poi traversa spensierato Torino, la prima capitale, città romantica e circondata da un paesaggio montuoso unico al mondo.
Non parliamo poi di Storia che diamine, non c'è fonte o libro che vada a mentire su momenti di rilievo incredibili come appunto l'era risorgimentale, i passaggi dei franchi con Carlo Magno, di Annibale, i segni di civiltà romana, ma andiamo ancora indietro e troveremo degli insediamenti delle popolazione celtiche e così via. Ovunque si trova tradizioni e valori di grande importanza.
Un mare di averi che, fatta qualche rara eccezione (le gratificanti rivalutazioni delle langhe e monferrato) son dominati da entità locali sempre più babbee, persistenti a far conoscere alle scolaresche le viscere della FIAT piuttosto che la Sagra di San Michele. Ma fosse questo il problema. Cittadine della fama di Susa ridotte in gran parte ad un cumulo di palazzine grigie e nere che portano il malcapitato a temere l'incontro con un malavitoso del Bronks, altro che purezza montana.
Eppure, già da quelle cittadine, basta alzarsi un poco di quota sulle strade e comodamente seduti sulla poltrona dell'automobile, traversare splendidi colli ed altopiani, raggiungere finalmente la confinante Francia e trovare l'agognato paesaggio ideale. Dico paesaggio e nient'altro, perchè parte rara eccezione quelle lande non hanno bagagli storici e culturali pari al nostro, ma poco conta, poichè quel "poco" (se così vogliamo chiamarlo), basta e avanza a chi vanta l'intelligenza nel dar al luogo il giusto resoconto.
Chi non conosce chissà cosa va pensando, quali formidabili prodezze di marchio francese vado mezionare? Pulizia, ordine, rispetto, educazione alla comprensione del territorio. Basta.
Son concetti molto semplici, che però a distanza di pochi chilometri sembrano fantascentifici. Tale diversità si riconosce non solo a prima vista, dalle persone che incroci per le strade, nei rari locali e soprattutto quelle che s'incontrano in montagna. Perchè fateci caso, ad esempio, quanti giovani italiani si danno oggi all'alpinismo, o più semplicemente scarpinano, campeggiano su terreni di quel tipo? Vi rispondo, molto pochi, non v'è che scarso interesse, meglio una spiaggia affollata o quanto esiste di peggio, una chiassosa discoteca. In Francia se ne vedono parecchi, sempre allegri, azzarderei dire anche appassionati, quasi sempre educati e mai sboccati, gliele riconosco tutte accidenti.
Rammento con piacere quella volta che tornando da una lunga sfacchinata fra punte e creste delle "marittime" che fan da confine la Valle di Stura con quella dell'Ubaye, incontrai al bordo del sentiero su un grosso prato, un vero e proprio concertino di strada (meglio di monte) allestito alla bene in meglio da alcuni giovani musicisti, appunto francesi. Che grande gioia davvero, ad un italiano non credo sarebbe mai balzato in mente... ma forse pecco di prevenzione.
Ora magari alcuni andranno pensando io sia una sorta di patriota inverso, un paladino napoleonico, qualcuno vorrà legnarmi sulla zucca dicendo "non ti va bene quì? Vai in Francia allora, levati per bene dai coglioni!"
In realtà molti sono i difetti che riconosco ai nostri cugini gallici, spesso e volentieri riscontro in loro alcune rare e irrefrenabili antipatie. Nulla si può dire però sui loro pregi, appunto uno (e forse unico) quello di saper valutare il territorio, amarlo e rispettarlo. NOI NO.
Fra i "padroni" delle Alpi, la popolazione sicuramente più indegna è quella italiana, in particolare i piemontesi. Vorrei tanto essere disdetto un giorno.
In conclusione, stando quantomeno in argomento terrei dare alcune segnalazioni sulla letteratura alpinistica. Menziono quella che ritengo impropriamente la "saga franca", dei tre autori che han dimostrato essere la "crem de la crem" di quegli anni. Uno è il già ampliamente emancipato "les conquistadors de l'inutiles" di Lionel Terray. Il secondo un alpinista di cui ben poco ci si ricorda ma che tanto ha dato a questa disciplina; parlo di René Desmeison con i suoi due rispettivi "Montagne à mains nues" (La montagna a mani nude) e "342 ore su le Grand Jorasses" (non oso menzionare correttamente il titolo originale), Il primo raccolta di scalate epocali, il secondo una singola recensione della drammatica disavventura su una delle montagne più bramate e sofferte di sempre. Infine non poteva mancare il grande Gaston Rebuffàt, con il suo postumo "La montagne est mon monde", una splendida raccolta biografica, testi e recensioni alpinistiche, narrate passionatamente in prima persona e raccolte dalla sua compagna e moglie Françoise Rebuffat.
Mi permetto inoltre segnalare un film-documentario che ho avuto la fortuna di recapitare, firmato sempre Gaston Rebuffat, "Etoiles et Tempêtes" è il primo di quattro film inerenti e vicintore della 4a Edizione Trentino Filmfestival.
Finisco davvero ora, lasciandovi però un assaggio del film che conto risvegli anche ai più abietti ricordi di altri tempi e magari un sapore umile e antico.
Buone riflessioni, buone letture & buona visione!!