venerdì 16 settembre 2011

Walter Bonatti


Questi ultimi giorni sono stati segnati da una terribile pugnalata, a volte non è necessario conoscere intimamente una persona affinchè la rabbia della sua scomparsa lo ferisca nel profondo.

Walter Bonatti è stato il più alto punto di riferimento per chiunque ami un certo alpinismo (classico, moderno e futuro) visto come una disciplina e vocazione di vita e non uno dei tanti e forse anche stupidi sport che conducono all'estremo. Era capace di tutto, di sopravviere dove gli altri si sono arresi, di incantare con le sue imprese, le sue filosofie, i suoi principi che hanno contribuito a mantenere con difficoltà questa pratica pulita e onesta come dovrebbe sempre essere affinchè quel rischiare fine a se stessi non perda di senso.

L'uomo immortale, il sire delle montagne alla fine è stato comunque abbattuto dal più vigliacco dei mali, diventa umano con una notizia letta sul Corriere e dopo tante avventure e rischi passati, com'è possibile mi chiedo... Lo sconforto per chiunque abbia riposto tanta passione nella montagna attraverso il suo mito, torno a dirlo, è altissimo.

A questo punto davvero mi auguro , che le prossime generazioni non dimentichino questi grandi personaggi, che a loro modo hanno segnato un'epoca, influenzato le prossime ed insegnato loro a vivere, soffrire per giusti ideali, rispettare e conoscere la stupenda natura, scoprirla continuamente e affrontarla nella sua seducente pericolosità, forgiarsi attraverso essa, adempiere ai propri scopi ma con rigorosa umiltà, tutti valori che per altro si cercano continuamente nella società e che sempre meno riemergono. Questo ci hanno lasciato i grandi alpinisti, le loro folli imprese e il loro stupendo scenario.

Era un'ultimo sentitissimo cordoglio; ma che vorrebbe essere ripetuto finchè, rialzando lo sguardo sui picchi ritorni l'immagine atletica di quell'eterno giovanotto che con la gioia negli occhi sminuiva tutti dicendo: " scalavo, e salivo sempre, senza fermarmi..."

Grazie Walter, da tutti!

mercoledì 14 settembre 2011

14/09/011 "L'ultima scalata".


Questa storia inizia anni or sono; un lontano 10 agosto del 1964.
Allora il massiccio del Bianco era contornato da paesaggi di bassa valle mozzafiato, le distese di ghiaccio scendevano dalle vette più imponenti d'europa sino a pochi metri dei prati della Val Veny e Val Ferret, le centinaia di persone che si staccavano dalle caotiche città per trovare armonia e gioia in quelle lande, coglievano ancora l'ostilità e poesia che avvolgevan quei luoghi, quei pennacchi neri, bianchi e grigi che parevano racchiudere tutto il potere del pianeta. Quel giorno però, alcune centinaia di persone, abitanti e soprattutto vacanzieri, si radunarono attorno a soli due uomini che sembravano riemergere da una sfida durata secoli, contro il mostro più grande e forte mai esistito. La bellezza di quelle immagini sono giunte sino ai nostri tempi, hanno incantato un'episodio forse non molto frequente nell'ambiente alpinisitico. Ma Bonatti era diverso, famigerato, non si poteva ignorare il ritorno da un'ennesima grande conquista, duramente sofferta, rischiosa non più di tante altre volte che la montagna o i compagni più invidiosi han tentato di fermarlo, ferirlo, abbatterlo.
Vero, si parla degli alpinisti dei tempi passati sempre in grande, elogiandoli in tutto. Ognuno ha il suo begnamino, Bonatti posso dire esser stato il mio. Le sue imprese, le sue disavventure e le prodezze nel salvarsi più e più volte, ma soprattutto l'aver ricercato sempre un alpinismo puro e onesto, mi hanno affascinato fin dalla più tenera età (nonostante il grande scoglio di estrapolare tali beltà da una narrativa logorroica e pesante, non lo nego) e soprattutto introdotto al fascino e al trasporto per l'alpinismo e la montagna.

Le sue abilità, la sua filosofia, lo hanno condotto l'oltremare, tra foreste nere e deserti, quando la decisione di abbandonare le grandi vette si è fatta concreta (a proposito). Una vita costante di avventure, rischi e conoscenze, han fatto di lui il mito che oggi tutti conosciamo, un mito immortale... sino ad oggi.
Nello sconforto che il triste ciclo della vita non è riuscito ad escluderlo, mi sovviene l'incontro documentato che ebbe con l'amico e compagno d'imprese Riccardo Cassin, assieme al non meno importantissimo e inconfondibile amico Rheinold Messner. L'ultimo trio, i tre vertici che hanno innalzato la grande piramide di questa curiosa pratica delle imprese alpinistiche; Walter chiese a Riccardo, quale fosse il segreto ad averlo spinto, nonostante i rischi ad una tale e gloriosa età. La risposta non poteva essere più brillante: "questioni di culo!"


E che dire ora? Rimangono le sue imprese, la sua storia, il suo mito... solite balle che servono a consolare chi ancora è vivo e ha creduto in lui, senza riuscirci però. Diciamo solo che alla morte non si scampa, la si può solo ritardare il più possibile: questioni di culo!

E' assai triste riaprire dopo tanto il blog per una simile occasione; ma questo Post come minimo glielo dovevo, il perchè non mi sembra caso ripeterlo.
Bon va, fuori un'altro... chi rimane?